Perché il certificato d’abitabilità è necessario in caso di vendita di una casa?
La questione giuridica oggetto della presente disamina, tutt’ora al centro di un acceso dibattito giurisprudenziale, trae spunto dall’analisi di un caso concreto.
La vicenda processuale
Il promissario acquirente conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione distaccata di Aversa, il promissario alienante, al fine di ottenere sentenza (costituiva) di condanna di quest’ultimo alla stipula del contratto definitivo, previo accertamento dei vizi, delle difformità e di tutte le differenze peggiorative dell’unità abitativa e delle pertinenze, in virtù della mancanza del certificato di abitabilità dell’immobile oggetto del negozio.
Il tutto con condanna della società convenuta alla riduzione del prezzo ed al risarcimento dei danni subiti dall’attore, ivi compresi quelli derivanti dalla ritardata consegna del bene, per effetto della richiamata, essenziale, carenza documentale.
Si costituiva in giudizio la società convenuta, la quale resisteva alla domanda principale e spiegava domanda riconvenzionale per ottenere la dichiarazione di risoluzione di diritto del contratto preliminare di vendita per inadempimento del promissario acquirente, il quale, sebbene più volte invitato alla stipula del rogito, aveva opposto diniego ingiustificato.
Sottolineava, al riguardo, la promissaria alienante che, non solo per sopperire alla mancanza del certificato di abitabilità, essa aveva offerto a tutti i futuri acquirenti il possesso anticipato degli immobili, mediante consegna delle chiavi, ma, nelle more, si era comunque diligentemente attivata, presso le competenti autorità locali, per ottenere il rilascio dell’invocata agibilità.
Sia il Tribunale adito, che, successivamente, la Corte d’Appello di Napoli, investita della controversia su ricorso della parte soccombente, accoglievano le difese della società convenuta e dichiaravano risolto il contratto preliminare, per effetto dell’ingiustificato inadempimento del promissario acquirente.
Contro la sentenza n. 1912/2017 della Corte distrettuale, proponeva ricorso in Cassazione l’originario attore, soccombente nei precedenti gradi di giudizio.
La pronuncia della Suprema Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24317 del 05 agosto 2022, ha messo la parola fine alla complessa ed articolata vicenda processuale, accogliendo il ricorso spiegato dal promissario acquirente, di fatto, legittimandone il rifiuto alla stipula del rogito, per effetto della denunciata mancanza del certificato d’abitabilità.
Osserva, in particolare, la Suprema Corte che la mancata consegna, o il mancato rilascio del certificato di abitabilità (o agibilità), pur non incidendo direttamente sul piano della validità del contratto, integra un inadempimento (essenziale) del venditore.
Tale circostanza può essere evidenziata dal compratore come eccezione d’inadempimento, ai sensi dell‘art. 1460 del codice civile, ovvero come fonte di pretesa risarcitoria per la ridotta commerciabilità del bene, a meno che egli non abbia espressamente rinunciato al requisito dell’abitabilità, o non abbia, comunque, esonerato il venditore dall’obbligo di ottenere la relativa licenza (Cass. n. 19749/2020).
Sulla base di queste considerazioni, il rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva di un immobile privo del certificato di abitabilità o di agibilità, pur se dipendente da inerzia del Comune (nei cui confronti, peraltro, il promissario venditore deve attivarsi) è giustificato.
Il certificato in parola, infatti, risulta necessario ed il suo ottenimento imprescindibile, a tutela dell’interesse dell’acquirente ad acquisire la proprietà di un immobile idoneo ad assolvere (anche) alla sua funzione economico/sociale, nonché a soddisfare i bisogni che determinano nella parte la volontà di procedere all’acquisto, cioè la fruibilità e la piena commerciabilità del bene (Cass. n. 2196/2020).
Decisiva, al riguardo, la circostanza per la quale, prima della stipula del definitivo, il ricorrente, a conoscenza del difetto dell’immobile, aveva richiesto formalmente, in via stragiudiziale, al venditore la produzione del certificato mancante.
Tale circostanza, dunque, lungi dal costituire un’esimente per la parte venditrice, ne cristallizza l’inadempimento, alla luce del consolidato orientamento di legittimità, secondo il quale è necessario che tutti i documenti afferenti all’immobile da vendere siano acquisiti (dall’alienante), e consegnati al promissario acquirente, all’atto della stipula del contratto definitivo di vendita (Cass. n. 20426/18).
FONTE: immobiliare.it