Muffa e odori sgradevoli non giustificano la fine della locazione

La disdetta di un contratto di locazione priva dei motivi tassativamente previsti dall’art. 29, L. n. 392/1978 è invalida e di conseguenza, in tale ipotesi, il contratto deve intendersi tacitamente rinnovato.

Ogni clausola che preveda la risoluzione del contratto per motivazioni differenti dall’obbligazione di pagamento del canone, e sia formulata in termini estremamente generici, inoltre, deve considerarsi nulla, anche qualora la stessa riguardi il cattivo mantenimento dell’immobile locato.

È quanto emerge dalla sentenza del Tribunale di Firenze n. 2973 del 23 febbraio 2023.

Il fatto

L’inquilina si opponeva all’intimazione di sfratto inviatale dal proprietario in quanto tardiva, perché comunicata sei mesi prima della scadenza della locazione (come previsto nel contratto) e non nel termine, inderogabile, di 12 mesi previsto dall’art. 28 della legge sull’equo canone (L. n. 392/78).

Secondo la conduttrice, poi, la disdetta era in ogni caso invalida, poiché priva della indicazione delle ragioni tassativamente previste dalla legge.

Il proprietario, di contro, oltre a sostenere la tempestività della disdetta, contesta una serie di inadempienze contrattuali che, a suo dire, gli consentono di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista nel contratto firmato dalle parti.

Affermava, infatti, che sin dall’inizio della locazione, erano giunte lamentele da parte dei condomini circa le pessime condizioni igienico- sanitarie in cui versava il locale, dal quale promanavano sgradevoli odori di muffa e di rifiuti, tanto che l’Amministratore condominiale aveva sollecitato la pulizia dello stesso e dello spazio esterno circostante, senza esito.

Il proprietario X, affermava, inoltre, che l’Amministratore aveva anche lamentato la morosità della conduttrice nel pagamento dei consumi relativi all’acqua.

Disdetta tardiva

Il giudice toscano ha accolto le ragioni dell’inquilina. Per il Tribunale la disdetta inviata dal proprietario non è valida, poiché priva dell’indicazione dei motivi tassativamente previsti dall’art. 29, L. n. 392/1978. Pertanto, il contratto di locazione deve intendersi tacitamente rinnovato.

La decisione si pone nel solco della giurisprudenza prevalente in tema di diniego di rinnovo del contratto di locazione a uso abitativo e non abitativo. Nell’una e nell’altra ipotesi, qualora il locatore voglia disdire il contratto prima del rinnovo automatico, è necessario che lo stesso indichi le ragioni specifiche alla base del diniego.

La normativa

La norma di riferimento è l’arti. 29 della legge n. 392 del 1978, in cui sono indicati i motivi di diniego del rinnovo per le locazioni a uso diverso da quello abitativo.

Tale elenco è tassativo. Il diniego di rinnovo del contratto è consentito al proprietario-locatore soltanto ove egli intenda:

  1. adibire l’immobile ad abitazione propria o del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta;
  2. adibire l’immobile all’esercizio di una delle attività indicate all’art. 27 (industriali, commerciali e artigianali, di interesse turistico) ovvero, se si tratta di enti pubblici, al raggiungimento di fini istituzionali;
  3. demolire l’immobile per ricostruirlo, ristrutturarlo o restaurarlo ovvero eseguire sullo stesso un intervento dovuto in base alla legge comunale;
  4. ristrutturare l’immobile per renderlo conforme a quanto previsto dalla legge e dai piani comunali.

La motivazione deve essere puntuale e fondata su esigenze concrete del conduttore, dettagliatamente specificate. Non è sufficiente, ad esempio, un mero rinvio a una delle motivazioni individuate dal Legislatore ex art. 29, L. n. 392/1978, poiché tale rinvio ha carattere di genericità e implica il rinnovo automatico del contratto di locazione.

Termini inderogabili per comunicare la disdetta

Oltre a indicare il motivo, a pena di nullità, la disdetta deve pervenire al conduttore almeno dodici o diciotto mesi prima della scadenza.

Termini diversi e più brevi eventualmente previsti nel contratto devono – come nel caso di specie – considerarsi nulli. Decorsi i termini, il contratto si intende tacitamente rinnovato.

Clausola risolutiva espressa

Il giudice ha respinto anche le ulteriori affermazioni del proprietario in ordine agli inadempimenti contrattuali di cui si sarebbe resa responsabile la conduttrice.

Nel caso di specie – si legge nella sentenza – le scarse condizioni igienico-sanitarie e la morosità nel pagamento delle utenze non sono state ritenute tali da legittimare il proprietario ad avvalersi della clausola risolutiva espressa, atteso che: “la quale risulta specificatamente pattuita solo per l’inadempimento all’obbligazione di pagare il canone di locazione, mentre per gli altri patti contrattuali risulta assolutamente generica e, come tale, affetta da nullità”.

 

FONTE: immobiliare.it

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